Da qualche tempo i giornali ed i telegiornali si stanno occupando, con scarsi risultati, della cosiddetta protesta studentesca contro il decreto Gelmini di riforma della pubblica istruzione. L'ateneo patavino del quale faccio parte in qualità di studente, dalla settimana scorsa è in grande mobilitazione per fare in modo che alcuni controversi punti della riforma vengano modificati.Partendo con ordine, ora voglio farvi un breve quadro generale sulla questione, e successivamente tenterò di spiegare quali sono i punti che ci interessano da vicino e la spiegazione, per ognuno di essi, del mero significato.Le misure assunte nei confronti dell'Università, sono contenute nella cosiddetta "manovra d'estate" che fa capo al Decreto Legge 112 del Giugno 2008 e successivamente convertito in legge dello stato in Agosto che prende la sigla Legge 133. Questa legge è già pubblicata in Gazzetta Ufficiale, quindi è a tutti gli effetti attiva. La cosa che lascia perplessi è che tale provvedimento, è stato approvato secondo le modalità del decreto legge, ovvero uno strumento che la costituzione consente al legislatore affinché prenda provvedimenti necessari ed urgenti. In questo caso, a tutti gli effetti è stato scavalcato il Parlamento privandolo così dello strumento più efficace, il dibattito. Per quel che riguarda l'Università più che di "riforma Gelmini" si deve parlare di "TAGLI TREMONTI". Infatti sono contenute al suo interno, delle misure, definite urgenti per lo sviluppo economico.....e per la stabilizzazione della FINANZA pubblica, gli Atenei sono citati all'articolo 16 e 66, sui quali mi accingerò a darvi un breve quadro affinché tutti possiate avere un'idea di quel che si sta dicendo da qualche tempo a questa parte
L'articolo 16, nei vari suoi comma, istituisce la possibilità per le Università di trasformarsi in FONDAZIONI DI DIRITTO PRIVATO, ovvero l'opportunità di passare da entità pubbliche ad entità giuridiche senza fini di lucro che perseguono fini culturali. Ciò avviene con semplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del Senato Accademico (procedimento poco democratico dato che la maggioranza delle persone costituenti l'ateneo sono studenti e ricercatori, e del loro parere non è tenuto conto). Oltre a ciò tale conversione prevede il passaggio di proprietà quali immobili, aule, laboratori, dipartimenti e debiti alla fondazione stessa. La fondazione si può dare un regolamento proprio, "anche in deroga alle norma dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici" sotto approvazione del ministro dell'Istruzione. Se da un lato tale logica potrebbe sembrare positiva, in quanto l'ingrasso di capitali privati potrebbe stimolare il raggiungimento di dati risultati di ricerca, dall'altro viene logico pensare che la sopravvivenza di quelle facoltà, che costituiscono fonte di capitale umano e intellettuale, ma che non producono ricerca fine, sarà messa in discussione. (non parlo di tutti quei corsi laurea poco specializzanti fioriti in questi anni, ma di altri!) Inoltre l'entrata massiccia di privati nel pubblico potrebbe causare uno sfruttamento degli studenti e dei ricercatori per fini propri e non collettivi come dovrebbe consentire l'istruzione superiore. Ciò detto, va integrato con il fatto che, le Fondazioni devono, quali enti senza fini di lucro, rispettare un principio di "Economicità" cioè devono garantire equilibrio di bilancio. Questo fatto sarebbe sicuramente positivo se fosse accompagnato da aumenti di fondi e/o miglioramento della gestione degli stessi, ma se come sembra così non sarà, si avrà lo spostamento di mentalità che ha come fine il sapere, ad una che invece ha il bilancio come unico scopo.
L'articolo 66 invece entra nei dettagli tecnico-economici. Il Fondo di Finanziamento Ordinario subisce un taglio di 1441,5 mln di Euro, per un totale del 19% nei prossimi 5 anni, questo significa drastica riduzione di assunzione di nuovi ricercatori, e di ricambio del personale. (il fatto sconcertante è che l'Italia aderisce alla Strategia di Lisbona del 2000, secondo la quale gli stati membri dell'UE si impegnano a portare gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Pil, attualmente stiamo investendo 1,1%)* (?)
* FONTE: Nature 15/10/2008
Lascio a tutti voi l'onere di farsi una propria idea sulla faccenda, l'importate è farsene una, non brancolare nel buio. Con le idee si possono fare fatti concreti, con ad esempio sollecitare chi a più potere di noi di instaurare un dialogo e di tenere conto delle vere problematiche
martedì 28 ottobre 2008
IL SIGNIFICATO!
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2 commenti:
Ma tutti quelli che commentano qui di solito dove sono finiti?? Poi sono quelli che protestano che passano come quelli che vogliono mantenere lo status quo.. Bravo Giorgio, fai bene a parlare di queste cose.
Già la cosa può essere di per sé triste, ma io penso che il principio del, silenzio assenso abbia in questo caso la sua massima espressione!
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